"No all'Eutanasia" di Alessandra Alesci (classe IIIC)
Il termine eutanasia deriva dal greco e significa “buona morte” ma in pratica è un modo di porre fine alla vita di un individuo facendolo morire in maniera indolore. I telegiornali e molte trasmissioni hanno trattato più volte questo argomento, per il quale si sta cercando rimedio dato che non tutti gli stati sono favorevoli. “Sono qui per morire per mia volontà”, queste le parole di Pietro D’Amico, magistrato andato a Basile, in Svizzera per morire dopo aver falsificato dei documenti, lì considerati validi, perché stanco di vivere. Piera Franceschini, DJ Fabo, Davide Trentini invece erano tutti malati terminali che hanno chiesto di poter morire perché la scienza non poteva fare più nulla per curarli. Esistono vari tipi di eutanasia, ma sempre di morte si parla: diretta, quando il medico o chi per lui somministra intenzionalmente un’iniezione al paziente conducendolo alla morte; indiretta, quando ad esempio attraverso la morfina si alleviano i dolori le sofferenze e si abbrevia la vita; passiva quando si staccano i macchinari che tengono in vita il malato e infine l’ assistenza al suicidio che avviene quando si forniscono sostanze mortali al paziente che però le assume autonomamente. In Italia questa pratica è illegale, infatti le persone che vogliono smettere di far soffrire chi sta male vanno addirittura all’estero, in paesi dove l’eutanasia è legale, un esempio è la Svizzera, dove anche con certificati falsi, vengono “uccise”, loro dicono “accompagnate dolcemente”, tante persone. Lì non esistono dei controlli accurati, utili ad accertare la volontà del paziente o della famiglia.
Secondo me questa pratica non dovrebbe essere legale in nessun Paese perché bisogna considerare la vita come sacra. L’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e quindi il suicido assistito va contro ogni principio cristiano. Come la Chiesa, penso che la vita sia un dono di Dio e dovremmo accettare la Sua volontà anche se io stessa a volte non capisco perché Dio permetta tante sofferenze. Forse la natura è da una parte benigna e dall’altra matrigna, proprio come sosteneva Leopardi? Ciascuno di noi dovrebbe avere il diritto di godersi la vita fino alla morte naturale circondato dall’ affetto dei propri cari senza atroci sofferenze.
D’altro canto molte sono le persone favorevoli che accettano l’eutanasia per porre fine a una tragica sofferenza. Chi da anni è fermo, non può comunicare, ha problemi fisici e psicologici fa questa scelta per atto di altruismo verso sé stesso e la propria famiglia. Chi si mostra favorevole sostiene che quando la scienza non può più far nulla, è inutile accanirsi, soffre tanto chi è malato quanto la famiglia che si sente impotente nell’ assistere quotidianamente il proprio caro. Molti hanno posto un interrogativo: è un diritto avere una vita fatta di dolori e sofferenze o è un diritto morire quando la vita non ti può più offrire la normalità?
In conclusione, secondo me, non bisognerebbe decidere sulla vita altrui perché significherebbe avere enormi responsabilità. Sicuramente è difficile vivere una vita “attaccata” ai tubi delle macchine ma chi crede, spera sempre nel miracolo Divino e noi come credenti, figli di Dio, dobbiamo sempre avere fede, anche se non mi sento di condannare del tutto chi prende questa decisione, pur essendo, attualmente, completamente contraria. Forse molti di noi non possono comprendere totalmente in quanto fortunatamente non abbiamo vissuto in prima persona una tragica esperienza del genere, ma chi l’ha vissuta credo che abbia pensato all’eutanasia anche solo in un momento di sconforto e disperazione. È difficile sopportare e accettare la continua sofferenza, invece è più facile rassegnarsi alla morte perché vista come momento liberatorio. Nella mia mente resta forte un dubbio: Sofferenza o libertà di scelta?
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