"Cos'è un classico?" di Niccolò Cosentino (classe I D)

 Italo Calvino scriveva che "un classico è un libro che non ha mai finito di dire ciò che ha da dire".

Secondo me intendeva che un classico in base al periodo storico in cui ci si trova a vivere e al tipo di persona che sta leggendo, può sempre lasciare un messaggio diverso e adattabile al momento. 

Quest' anno a scuola stiamo studiando l'Iliade e l'Odissea, due poemi omerici che appunto sono degli esempi di classici a cui si può riferire l'affermazione di Calvino. Pur essendo stati scritti secoli fa, sembrano essere ancora attuali per i temi che trattano. Si narra della guerra, si raccontano battaglie, ma si parla anche di forti legami, come quello tra padre e figlio, o quello per la terra d'origine, e anche di fede e di amore. Tutti valori rimasti immutati. 

Nella guerra di Troia, raccontata da Omero, molto sentita dagli eroi del tempo, questi sono disposti a sacrificarsi e ad abbandonare le famiglie per la patria. Ettore, ad esempio, ha dovuto provare il dolore di lasciare il figlio Astianatte appena nato, sapendo di rischiare di non vederlo crescere, e lasciare anche la moglie Andromaca che con amore lo supplicava di non partire e non lasciarla sola. 

Le stesse cose le ho viste succedere in tv, allo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia. I soldati hanno salutato le proprie famiglie, mettendole su treni e autobus diretti fuori dall'Ucraina, e sono andati a combattere, pregando Dio di aiutarli a rivedersi. 

Mi ha anche emozionato il canto in cui Priamo, il vecchio re di Troia, va da Achille, suo acerrimo nemico e assassino di suo figlio Ettore, per implorarlo di restituirgli il corpo senza vita, per dargli il giusto onore e degna sepoltura. Così in questi giorni in tv si sono visti padri cercare i figli in riva al mare, dopo un terribile naufragio, per poter dare un nome ai corpi ripescati tra le onde ed avere una tomba su cui piangere.

L'umiltà, il dolore e il bisogno di preghiera sembrano gli stessi, ora come nei classici scritti da Omero. 

Per cui Italo Calvino aveva ragione!



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