"SPECIALE DON MILANI" PER IL CENTENARIO DELLA SUA NASCITA (REALIZZATO DALLA CLASSE II E A CURA DELLA PROF.SSA NOGARA)
"LA SCUOLA INNOVATIVA"
(di Giada Cammilleri)
Cosa
resta di Don Milani nella scuola di oggi? La scuola è veramente diventata di
tutti e per tutti?
La
scuola di Barbiana si svolgeva per 365 giorni dalle 8.00 alle 19.30 con una
breve pausa per il pranzo. Non si faceva né la ricreazione né i giochi, al loro
posto facevano ad esempio sci d’inverno e nuoto d’estate. C’erano dei
laboratori dove si insegnava ai ragazzi a lavorare il ferro e il legno.
La
scuola di oggi non ha questi orari così pesanti e possiamo ritenerci fortunati
perché durante l’anno abbiamo momenti di pausa. È anche inclusiva, accoglie le specificità di ognuno, crea un ambiente in grado di proporre
modalità educative e didattiche funzionali ai diversi bisogni, rendendo ciascun alunno
e alunna protagonista dell’apprendimento qualunque siano le sue capacità, le sue potenzialità e i suoi
limiti. Ma è anche vero che la
scuola di oggi rischia di essere un luogo in cui si viene giudicati in quanto è una scuola valutativa
più che formativa, dove si è perso lo stupore della conoscenza, il desiderio di approfondire,
e così si studia la sera prima giusto per andare all’interrogazione. La scuola di Barbiana era una scuola particolare, senza voti, né
pagelle, né rischio di bocciature, che spronava i ragazzi alla riflessione, al pensiero argomentativo. Il
voto, l’essere valutati ci spinge alla competizione ma perdiamo la competenza che
ciascuno di noi è portatore e, questo, non ci consente di essere cittadini
consapevoli, liberi e responsabili.
"DARE LA PAROLA"
(di Sofia Giannone)
Don Milani, maestro prima ancora
che prete, aveva a cuore soprattutto i più deboli. Era convinto che solo la
cultura potesse aiutare i contadini a superare la loro rassegnazione e che
l’uso della parola equivalesse a ricchezza e libertà. Il priore era convinto che la
povertà più radicale fosse la mancanza di parola, lo aveva evidenziato
esplicitamente in Esperienze pastorali: “La povertà dei
poveri non si misura a pane, a casa, a caldo. Si misura sul grado di cultura e sulla
funzione sociale”.
“Dare la parola”, la cultura,
significava per don Milani rimuovere le radici della povertà, egli riteneva la
parola <<chiave fatata che apre
ogni porta>>.
Compito della scuola, per il priore, era impegnarsi a “dare la parola” per sottrarre i poveri da una situazione
endemica di inferiorità e conferire a ogni uomo una grande dignità: li “fa
eguali”. Proprio perché credeva in una scuola “palestra” per una vita cristiana
più consapevole che Don Milani scriveva: «…il meglio del mio tempo e della mia passione
di prete lo spendo sulla scuola […]. La mia malattia non pesa sui ragazzi e
sulla scuola. Quando sto meglio faccio scuola da una poltrona a sdraio, quando
sto peggio da una brandina». Il priore di Barbiana operava per insegnare ai
suoi ragazzi a ragionare con la propria testa e a far prendere loro coscienza
sulla necessità che divenissero protagonisti del loro futuro e, infatti, gioiva
quando un suo ragazzo era capace di pensare con la propria testa.
"Fabio Fabbiani : una lezione sul TEMPO…"
(di Ines Profeta)
”Il
tempo è un dono prezioso di Dio che passa e non torna. Sciuparlo, equivale a
una bestemmia."
Queste le parole di Fabio Fabbiani, allievo di Don Lorenzo Milani, nel
suo libro "Non bestemmiare il tempo, l'ultimo insegnamento di don Lorenzo
Milani”, parole che ci scuotono e ci inducono a riflettere sulla nostra vita e
sul tempo…
Oggi,
sicuramente, siamo consapevoli che il tempo è
il cuore dell’organizzazione della nostra vita , ma purtroppo, spesso ,non
riusciamo a gestirlo bene.
Milioni di
persone vivono nelle città, assorbite dal lavoro stressante, dalla rutine
quotidiana che stanca e logora interiormente. Sguardi fissi persi nel vuoto,
gente che corre indaffarata nel tentativo di realizzare quanto programmato nel
migliore dei modi e in tempi brevissimi. E’ paradossale: l’uomo di oggi impiega
il suo tempo in una miriade di attività, ma poi’ lo spreca in azioni futili e di scarso valore …e il Tempo
che sprechiamo o che ci viene sottratto con il nostro non ritornerà più
indietro.
Se pensiamo ….ancora più difficile è gestire
il tempo a scuola.
E’ a
questo punto che il modello della scuola di Barbiana, cosi come è proposto da
Fabio Fabbiani e dai numerosi allievi di Don Milani, può costituire per noi un
valido esempio di vita.
Fabio Fabbiani
è nato nel 1949 a Vicchio, aveva quindici anni quando fu bocciato alle statali
per due volte. I suoi genitori, dunque, presero la decisione di mandarlo al
doposcuola, alla scuola di Don Lorenzo Milani, scuola nella quale , giravano
voci, “ era possibile superare più
facilmente gli esami “. Questa per lui fu un'esperienza che gli cambiò la vita.
Fabio tenne custoditi per sé i ricordi e gli insegnamenti del maestro, ma nel
2017 decise di raccontare tutto in un libro. La
sua testimonianza oggi ci aiuta a comprendere quanto sia fondamentale
saper gestire il bene più prezioso che Dio ci ha donato: il tempo.
La scuola di Barbiana è una scuola “diversa”, dove
la costruzione della conoscenza avviene a partire dall’apprendimento di tipo
cooperativo, costruito su situazioni reali e mai fuori dal contesto. Una scuola
a tempo pieno, dalle otto di mattina alle sette di sera, in cui ogni momento
della giornata diventa momento educativo
e di crescita. Nel laboratorio di Barbiana, ancora oggi visitabile sotto l’aula
dove si faceva lezione, i saperi si potevano toccare con mano e i compiti erano
reali. Il laboratorio diventava lo stile dominante anche in aula, dove si
partiva dai giornali per mobilitare i saperi delle varie discipline, italiano,
storia e geografia, ma anche economia astronomia e tanto altro….
Scuola di vita, in cui era facile apprendere,
valorizzando ogni istante e ogni attimo.
E da questa stupenda lezione,
rendiamoci conto e apprendiamo, che il
tempo che ci è stato dato è una risorsa preziosa e limitata che non va
assolutamente sprecata, ma valorizzata.
Come un
dono che Dio ci ha concesso, ma che possiamo offrire agli altri, allora recuperiamolo!
Spendiamolo al meglio! Riscopriamolo per noi, per i nostri affetti più
cari, e per le nostre passioni. Solo
così possiamo essere più felici e appagati.
Il tempo è nelle nostre mani : riprendiamoci la
vita, riprendiamoci noi stessi!!!!!!!!!!
Grazie !! Don Milani !!!
(Alessia Antona)
Aule senza cattedra e banchi: questa è la scuola del maestro Don Milani.
Sedevano attorno ai tavoli di legno costruiti dai ragazzi stessi nella
falegnameria della canonica. La lezione avveniva all’esterno, in un luogo
aperto, nei campi circostanti oppure sotto la pergola. Si faceva scuola 365
giorni l’anno, da mattina a sera per 12 ore, perché per quei ragazzi “andare a
scuola era meglio che restare nei campi”.
I ragazzi che frequentavano la scuola di Barbiana erano svantaggiati,
analfabeti, figli di poveri operai e contadini, i cosiddetti “Gianni” troppo distanti
dal mondo elitario e superficiale dei “Pierini”, il prototipo di studente modello,
di buona famiglia, imbevuto di cultura borghese che non fallisce un colpo.
Al priore interessava aiutare i ragazzi a ragionare con la propria testa, a dare a
tutti pari opportunità di crescita ed è per questo che teneva conto delle
differenze – sociali e individuali – degli alunni e accoglieva tutti i Gianni come i
preferiti facendo in modo che nessuno di quegli alunni si sentisse inadatto allo
studio.
Il programma si decideva ogni giorno a seconda delle esigenze che
emergevano di volta in volta e degli argomenti che occorreva approfondire.
Si leggeva il giornale almeno due ore al giorno, se ne svisceravano le notizie,
praticamente esso costituiva un libro di testo da cui partivano argomenti e
conversazioni e imparavano l’italiano, studiavano le lingue straniere attraverso
l’ascolto delle canzoni, costruivano da sé materiali utili per conoscere la
geografia o sviluppare fotografie.
Un po’ invidio questi ragazzi, certamente non per le 12 ore di lezioni ma per la
curiosità che mettevano quando trattavano un argomento, per il desiderio di
voler scoprire sempre cose nuove. Non sempre noi ragazzi ci approcciamo alle
discipline con entusiasmo, studiamo perché vogliamo voti alti, per non far
dispiacere i nostri genitori, “pasticciamo” nei lavori manuali e capita che dopo
un’interrogazione non ricordiamo più nulla. I Gianni di Barbiana mi hanno fatto
capire che siamo dei ragazzi fortunati ma ci manca la determinazione, il
mettersi in gioco perché temiamo di sbagliare o di fare figuracce e qualcuno
possa ridere di noi.
“I CARE”!!!
(di Lucrezia Oliveri)
“I CARE”, mi sta a cuore, aveva scritto Don Lorenzo Milani su una porta della sua scuola a Barbiana, un piccolo paesino a pochi chilometri da Firenze. Aveva trasformato la canonica della chiesa in una scuola togliendo il posto a tonache, incensi e sacrestia. In quel luogo spoglio, don Milani aveva messo banchi, delle piccole sedie ed i muri scrostati erano rallegrati da disegni, scritte, lezioni e nozioni di scienza. Il priore di Babbiana aveva a cuore i suoi alunni, a prescindere dalle loro capacità, e di portarli tutti, nessuno escluso, verso il successo formativo. Lui c’era sempre e diceva: “io ci sono in famiglia, per gli amici, nello studio, nel lavoro, per le persone e per tutti i volti che incontro ogni giorno”. Don Milani ci insegna che l’impegno per il prossimo non può essere generico. E’ troppo facile affermare di amare tutti genericamente, rischiando così di non saper amare veramente nessuno. Tutto questo è RESPONSABILITA’ cioè la capacità di aprire gli occhi, di leggere la realtà in cui viviamo per saper rispondere in maniera concreta a ciò che ci succede attorno. Responsabilità è accettare il rischio di sporcarsi le mani: non si può amare senza rischiare, senza mettersi in gioco, senza morire un po’ a se stessi. Responsabilità è sentirsi chiamati a rispondere a quell’urlo che ci interpella personalmente con la certezza che Dio investe su di noi, ci rinnova ogni giorno la sua fiducia e vuole avere bisogno di noi per realizzare il suo sogno. Secondo Don Milani solo quando ci perdiamo per qualcuno o qualcosa di concreto, l’I CARE diventa vero nella nostra vita!!!
"DON LORENZO MILANI E LA SUA SCELTA DI DONARSI AGLI ALTRI"
(di Lucrezia Oliveri)
Figura scomoda all'interno del mondo cattolico italiano, Don Lorenzo Milani è stato un
sacerdote che ha scelto di donarsi agli altri in modo viscerale. Lorenzo, nato a Firenze il
27 Maggio 1923, faceva parte di una delle famiglie più ricche e dotte della città,
conosceva bene il valore della cultura ed aveva una passione: LA PITTURA. Il giovane
Milani era ben lontano dalla vocazione e dalla fede in Cristo ma poi, dopo un aspro
percorso di vita, nel 1943 decise di entrare in seminario anche senza l’approvazione della
famiglia. Il 13 Luglio 1947 venne ordinato sacerdote e nell’ottobre venne nominato
cappellano nella parrocchia di S. Donato a Calenzano, alle porte di Firenze. Si trovò a
lavorare, insieme al vecchio parroco Daniele Pugi, in una realtà rurale arretratissima: i suoi
parrocchiani erano braccianti, pastori ed operai per lo più analfabeti. Qui fondò una scuola
popolare per giovani operai e contadini, aprì le porte della chiesa anche ai comunisti, che
si recavano spontaneamente da lui per confrontarsi, istruirsi e formarsi spiritualmente e
culturalmente. Le conseguenze per queste sue azioni furono amare: fu cacciato e spedito in
un paesino difficilmente raggiungibile, Barbiana. Qui costruì una nuova scuola, in cui
insegnava a tutti i ragazzi del posto, ma per convincere i genitori a mandarvi i propri figli,
il parroco utilizzò ogni mezzo, persino lo sciopero della fame. Don Milani non voleva
perdere nessuno per strada, teneva molto ai suoi ragazzi al punto da chiamarli “i miei
figlioli”, era disposto a sacrificare tutto per loro. E, infatti, l’ultima sua frase fu: “HO
VOLUTO PIU’ BENE A VOI CHE A DIO, MA HO LA SPERANZA CHE LUI NON
STIA ATTENTO A QUESTE SOTTIGLIENZE E ABBIA SCRITTO TUTTO AL SUO
CONTO”.
"Don Lorenzo Milani…e la scuola che sogniamo"
(di Ines profeta)
Don Lorenzo Milani, sacerdote, educatore, maestro di vita, è stato una figura di grande importanza per la scuola italiana. Egli ha riconosciuto il valore inestimabile dell’istruzione pubblica, come mezzo unico per la crescita umana.
Dopo 56 anni dalla sua scomparsa
il suo insegnamento e l'esperienza della scuola di Barbiana sono ancora oggi di
grande attualità.
In questi giorni abbiamo tanto
parlato in classe di Don Milani e sono rimasta
affascinata dalla forza di questo grande uomo che ha fatto della sua
vita una missione.
Mi sono chiesta qual è stato lo spirito che lo ha animato a fare tanto bene. Poi riflettendo, ho capito che alla base di ogni sua azione
vi è stata la fede, la scelta di Dio e, di conseguenza, dei poveri.
Nell’ottobre 1947
nominato cappellano nella parrocchia di S. Donato a Calenzano, alle porte di
Firenze crea una scuola popolare serale per i giovani operai e contadini Egli si trova ad operare, in una realtà
arretratissima: i suoi parrocchiani sono braccianti, pastori ed operai,
analfabeti. Don Milani decide di partire
dalla lettura dei giornali in classe, analizzando i temi dell’attualità. Egli è
convinto che solo la cultura possa aiutare i più deboli a superare il disagio e
l’emarginazione.
Dopo qualche anno
il 6 dicembre 1954 don Lorenzo Milani viene nominato Priore di Barbiana, una piccolissima parrocchia sul monte Giovi, nel
territorio del comune di Vicchio del Mugello. Anche qui, comincia a radunare tanti
giovani.
Apre una scuola che inizia all'otto del mattino e
termina la sera. Una scuola che non conosce vacanze e che rifiuta le
metodologie tradizionali di insegnamento
nozionistico. Ogni giorno, per tantissime ore, si
studia, si discute, si legge il giornale e si apre un dibattito sugli argomenti
più importanti del giorno. Egli ritiene
che la conoscenza della lingua italiana possa garantire ricchezza e libertà e
aprire prospettive di una vita migliore a tutti. Il maestro
Lorenzo Milani trasforma il giornale in materia scolastica e svolge un lavoro
di equipe coinvolgendo ragazzi e adulti. Opera una grande rivoluzione: con
amore e con i libri coinvolge i suoi allievi. .
E i ragazzi
iniziano ad apprezzare il loro sacerdote. gli sono molto affezionati, lo
seguono e lo amano. Qui nacquero importanti documenti (tra i quali Lettera a
una professoressa) che ben esprimevano il suo pensiero.
Don Milani credeva nel progetto
di una scuola aperta ed inclusiva capace di promuovere la persona umana. Anche noi sogniamo una scuola
cosi… Una scuola più vicina a chi si trova on
difficoltà e dove il tempo viene speso per studiare e riflettere, una scuola, certo,
che richiede sacrifici, operosità, impegno, ma anche
vitalità e gioia, una scuola che coinvolge, premia e non punisce, che gratifica e insegna a vivere.
Voglio ricordare il motto alla base dei suoi insegnamenti: "I care -
mi interessa, mi sta a cuore” ed è proprio questo lo slogan che
ancora oggi contraddistingue l’operato di tanti insegnanti che lavorano con
passione, ogni giorno, per educare le giovani generazioni
Credo in una scuola che sia realmente motore di crescita e spero che lo studio, la
ricerca e l’innovazione ci aiutino ad affrontare nel migliore dei modi il
nostro futuro.
" AMARE NON SIGNIFICA DARE QUALCOSA ma dare noi stessi!!!"
(di LuCREZIA OLIVERI)
“Amare
non significa dare qualcosa, significa esserci, dare noi stessi”: questa era
una delle frasi utilizzate da Don Milani.
Spesso pensiamo di
sapere che cosa sia l'amore, ma la verità è che in pochi realmente ne
conoscono il significato. Innanzitutto, è
troppo facile dire a voce di amare qualcuno e magari non dimostrarlo coi fatti.
La parola AMORE la troviamo nei libri, nelle canzoni, nelle poesie… ma cosa
vuol dire essere innamorati, amare veramente qualcuno? L'amore, quello
vero, non è un'emozione, bensì un sentimento che dura nel
tempo, si costruisce giorno per giorno e non è istantaneo e
passeggero come l'emozione. L'amore va nutrito e coltivato con
il passare del tempo. Amare significa prendere e dare fiducia,
tollerare i difetti dell’altro, ma significa anche condividere e provare
emozioni belle e prendersi cura a vicenda. E quando ci riferiamo al prossimo? Che cosa
significa amare il prossimo? Spesso l’espressione “amore” viene interpretata in
modo superficiale, pensando che l’amore per il prossimo corrisponda all’aiuto
materiale, nel fare carità o dare l’elemosina. Chi ci sta accanto è uno come
noi, è uno che ha bisogno anche di me. Se non amo me stessa non sarò capace di amare
nessuno. Prima di amare gli altri, devo imparare a volermi bene.
Volersi bene non è egoismo, vuol dire invece
accettarsi con i propri limiti, riconoscere che per poter dare veramente,
occorre crescere dentro e star bene con sé stessi.
Secondo
Don Milani l’amore può essere di due tipi: vero o falso. Il vero amore arriva
sempre al momento giusto e non è una gara a chi dà più affetto o
attenzione. Il falso amore, invece, può
diventare una “manipolazione”, succede quando l’altra persona non ama il
prossimo a dismisura. L’amore non è fatto solo di gesti, come ad esempio si
vede nei film o nelle serie TV, ma vive in tante piccole cose che occupano la
vita di ognuno di noi, che ci rendono felici e che danno un senso alle nostre giornate.
Io penso, come Don Milani, che l’amore non si manifesta con i regali o dando
qualcosa, ma sono i piccoli gesti che fanno la differenza e bisogna sempre
esserci per il prossimo.
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