"SPECIALE DON MILANI" PER IL CENTENARIO DELLA SUA NASCITA (REALIZZATO DALLA CLASSE II E A CURA DELLA PROF.SSA NOGARA)

 

"LA SCUOLA INNOVATIVA" 

(di Giada Cammilleri)

 La scuola di Barbiana, rispetto alla scuola tradizionale del tempo, rompe gli schemi di riferimento e si propone come una scuola “diversa”, dove l’apprendimento è di tipo cooperativo. Infatti, gli alunni più grandi e preparati venivano coinvolti dal priore nell'educazione dei più piccoli; accoglievano e valorizzavano le diversità psico-fisiche, sociali, etniche di ciascuno. I bambini e i ragazzi attraverso il lavoro di gruppo analizzavano questioni, risolvevano problemi, facevano domande proprie, ricercavano informazioni, discutevano, trovavano soluzioni, ipotizzavano nuovi percorsi... le lezioni si basavano sul metodo della collaborazione. Il pomeriggio leggevano il giornale analizzando i temi dell’attualità e soffermandosi a lungo sui termini difficili. Don Milani includeva tutti, non ricorreva a programmi preordinati, insegnava e faceva apprendere direttamente dalla realtà. Una delle sue tecniche utilizzate era quella dei "fogliolini" (piccoli fogli), utile per attivare il processo di "scrittura collettiva". I ragazzi di 13 o 14 anni li mandava mesi interi in Francia, in Inghilterra, in Germania per imparare le lingue e vivere esperienze concrete anche di lavoro.

Cosa resta di Don Milani nella scuola di oggi? La scuola è veramente diventata di tutti e per tutti?

La scuola di Barbiana si svolgeva per 365 giorni dalle 8.00 alle 19.30 con una breve pausa per il pranzo. Non si faceva né la ricreazione né i giochi, al loro posto facevano ad esempio sci d’inverno e nuoto d’estate. C’erano dei laboratori dove si insegnava ai ragazzi a lavorare il ferro e il legno.   

La scuola di oggi non ha questi orari così pesanti e possiamo ritenerci fortunati perché durante l’anno abbiamo momenti di pausa. È anche inclusiva, accoglie le specificità di ognuno, crea un ambiente in grado di proporre modalità educative e didattiche funzionali ai diversi bisogni, rendendo ciascun alunno e alunna protagonista dell’apprendimento qualunque siano le sue capacità, le sue potenzialità e i suoi limiti. Ma è anche vero che la scuola di oggi rischia di essere un luogo in cui si viene giudicati in quanto è una scuola valutativa più che formativa, dove si è perso lo stupore della conoscenza, il desiderio di approfondire, e così si studia la sera prima giusto per andare all’interrogazione. La scuola di Barbiana era una scuola particolare, senza voti, né pagelle, né rischio di bocciature, che spronava i ragazzi alla riflessione, al pensiero argomentativo. Il voto, l’essere valutati ci spinge alla competizione ma perdiamo la competenza che ciascuno di noi è portatore e, questo, non ci consente di essere cittadini consapevoli, liberi e responsabili. 

 

"DARE LA PAROLA"

 (di Sofia Giannone)

 

Don Milani, maestro prima ancora che prete, aveva a cuore soprattutto i più deboli. Era convinto che solo la cultura potesse aiutare i contadini a superare la loro rassegnazione e che l’uso della parola equivalesse a ricchezza e libertà. Il priore era convinto che la povertà più radicale fosse la mancanza di parola, lo aveva evidenziato esplicitamente in Esperienze pastorali: “La povertà dei poveri non si misura a pane, a casa, a caldo. Si misura sul grado di cultura e sulla funzione sociale”.

“Dare la parola”, la cultura, significava per don Milani rimuovere le radici della povertà, egli riteneva la parola <<chiave fatata che apre ogni porta>>.

Compito della scuola, per il priore, era impegnarsi a “dare la parola” per sottrarre i poveri da una situazione endemica di inferiorità e conferire a ogni uomo una grande dignità: li “fa eguali”. Proprio perché credeva in una scuola “palestra” per una vita cristiana più consapevole che Don Milani scriveva: «…il meglio del mio tempo e della mia passione di prete lo spendo sulla scuola […]. La mia malattia non pesa sui ragazzi e sulla scuola. Quando sto meglio faccio scuola da una poltrona a sdraio, quando sto peggio da una brandina». Il priore di Barbiana operava per insegnare ai suoi ragazzi a ragionare con la propria testa e a far prendere loro coscienza sulla necessità che divenissero protagonisti del loro futuro e, infatti, gioiva quando un suo ragazzo era capace di pensare con la propria testa.

 

"Fabio Fabbiani : una lezione  sul TEMPO…"

(di Ines Profeta)

Il tempo è un dono prezioso di Dio che passa e non torna. Sciuparlo, equivale a una bestemmia." Queste le parole di Fabio Fabbiani, allievo di Don Lorenzo Milani, nel suo libro "Non bestemmiare il tempo, l'ultimo insegnamento di don Lorenzo Milani”, parole che ci scuotono e ci inducono a riflettere sulla nostra vita e sul tempo…

 Oggi, sicuramente, siamo consapevoli che il tempo è  il cuore dell’organizzazione della nostra vita , ma purtroppo, spesso ,non riusciamo a gestirlo bene.

Milioni di persone vivono nelle città, assorbite dal lavoro stressante, dalla rutine quotidiana che stanca e logora interiormente. Sguardi fissi persi nel vuoto, gente che corre indaffarata nel tentativo di realizzare quanto programmato nel migliore dei modi e in tempi brevissimi. E’ paradossale: l’uomo di oggi impiega il suo tempo in una miriade di attività, ma poi’ lo spreca   in azioni futili e di scarso valore …e il Tempo che sprechiamo o che ci viene sottratto con il nostro non ritornerà più indietro.

 Se pensiamo ….ancora più difficile è gestire il tempo a scuola.

  E’ a questo punto che il modello della scuola di Barbiana, cosi come è proposto da Fabio Fabbiani e dai numerosi allievi di Don Milani, può costituire per noi un valido esempio di vita.

Fabio Fabbiani è nato nel 1949 a Vicchio, aveva quindici anni quando fu bocciato alle statali per due volte. I suoi genitori, dunque, presero la decisione di mandarlo al doposcuola, alla scuola di Don Lorenzo Milani, scuola nella quale , giravano voci,  “ era possibile superare più facilmente gli esami “. Questa per lui fu un'esperienza che gli cambiò la vita. Fabio tenne custoditi per sé i ricordi e gli insegnamenti del maestro, ma nel 2017 decise di raccontare tutto in un libro. La sua testimonianza oggi ci aiuta a comprendere quanto sia fondamentale saper gestire il bene più prezioso che Dio ci ha donato: il tempo.

 La scuola di Barbiana è una scuola “diversa”, dove la costruzione della conoscenza avviene a partire dall’apprendimento di tipo cooperativo, costruito su situazioni reali e mai fuori dal contesto. Una scuola a tempo pieno, dalle otto di mattina alle sette di sera, in cui ogni momento della giornata diventa  momento educativo e di crescita. Nel laboratorio di Barbiana, ancora oggi visitabile sotto l’aula dove si faceva lezione, i saperi si potevano toccare con mano e i compiti erano reali. Il laboratorio diventava lo stile dominante anche in aula, dove si partiva dai giornali per mobilitare i saperi delle varie discipline, italiano, storia e geografia, ma anche economia astronomia e tanto altro….

 Scuola di vita, in cui era facile apprendere, valorizzando ogni istante e ogni attimo.      

 E da questa stupenda lezione, rendiamoci conto e apprendiamo, che il tempo che ci è stato dato è una risorsa preziosa e limitata che non va assolutamente sprecata, ma valorizzata.

Come un dono che Dio ci ha concesso, ma che possiamo offrire agli altri, allora   recuperiamolo! Spendiamolo al meglio! Riscopriamolo per noi, per i nostri affetti più cari,  e per le nostre passioni. Solo così possiamo essere più felici e appagati.

Il  tempo è nelle nostre mani : riprendiamoci la vita, riprendiamoci noi  stessi!!!!!!!!!!

 

Grazie !! Don Milani !!!



 "I Gianni di Barbiana"

 (Alessia Antona)


Aule senza cattedra e banchi: questa è la scuola del maestro Don Milani.

Sedevano attorno ai tavoli di legno costruiti dai ragazzi stessi nella

falegnameria della canonica. La lezione avveniva all’esterno, in un luogo

aperto, nei campi circostanti oppure sotto la pergola. Si faceva scuola 365

giorni l’anno, da mattina a sera per 12 ore, perché per quei ragazzi “andare a

scuola era meglio che restare nei campi”. 

I ragazzi che frequentavano la scuola di Barbiana erano svantaggiati,

analfabeti, figli di poveri operai e contadini, i cosiddetti “Gianni” troppo distanti

dal mondo elitario e superficiale dei “Pierini”, il prototipo di studente modello,

di buona famiglia, imbevuto di cultura borghese che non fallisce un colpo.

Al priore interessava aiutare i ragazzi a ragionare con la propria testa, a dare a

tutti pari opportunità di crescita ed è per questo che teneva conto delle

differenze – sociali e individuali – degli alunni e accoglieva tutti i Gianni come i

preferiti facendo in modo che nessuno di quegli alunni si sentisse inadatto allo

studio.

Il programma si decideva ogni giorno a seconda delle esigenze che

emergevano di volta in volta e degli argomenti che occorreva approfondire.

Si leggeva il giornale almeno due ore al giorno, se ne svisceravano le notizie,

praticamente esso costituiva un libro di testo da cui partivano argomenti e

conversazioni e imparavano l’italiano, studiavano le lingue straniere attraverso

l’ascolto delle canzoni, costruivano da sé materiali utili per conoscere la

geografia o sviluppare fotografie.

Un po’ invidio questi ragazzi, certamente non per le 12 ore di lezioni ma per la

curiosità che mettevano quando trattavano un argomento, per il desiderio di

voler scoprire sempre cose nuove. Non sempre noi ragazzi ci approcciamo alle

discipline con entusiasmo, studiamo perché vogliamo voti alti, per non far

dispiacere i nostri genitori, “pasticciamo” nei lavori manuali e capita che dopo

un’interrogazione non ricordiamo più nulla. I Gianni di Barbiana mi hanno fatto

capire che siamo dei ragazzi fortunati ma ci manca la determinazione, il

mettersi in gioco perché temiamo di sbagliare o di fare figuracce e qualcuno

possa ridere di noi.

                   

  “I CARE”!!! 

(di Lucrezia Oliveri)

“I CARE”, mi sta a cuore, aveva scritto Don Lorenzo Milani su una porta della sua scuola a Barbiana, un piccolo paesino a pochi chilometri da Firenze. Aveva trasformato la canonica della chiesa in una scuola togliendo il posto a tonache, incensi e sacrestia. In quel luogo spoglio, don Milani aveva messo banchi, delle piccole sedie ed i muri scrostati erano rallegrati da disegni, scritte, lezioni e nozioni di scienza. Il priore di Babbiana aveva a cuore i suoi alunni, a prescindere dalle loro capacità, e di portarli tutti, nessuno escluso, verso il successo formativo. Lui c’era sempre e diceva: “io ci sono in famiglia, per gli amici, nello studio, nel lavoro, per le persone e per tutti i volti che incontro ogni giorno”. Don Milani ci insegna che l’impegno per il prossimo non può essere generico. E’ troppo facile affermare di amare tutti genericamente, rischiando così di non saper amare veramente nessuno. Tutto questo è RESPONSABILITA’ cioè la capacità di aprire gli occhi, di leggere la realtà in cui viviamo per saper rispondere in maniera concreta a ciò che ci succede attorno. Responsabilità è accettare il rischio di sporcarsi le mani: non si può amare senza rischiare, senza mettersi in gioco, senza morire un po’ a se stessi. Responsabilità è sentirsi chiamati a rispondere a quell’urlo che ci interpella personalmente con la certezza che Dio investe su di noi, ci rinnova ogni giorno la sua fiducia e vuole avere bisogno di noi per realizzare il suo sogno.   Secondo Don Milani solo quando ci perdiamo per qualcuno o qualcosa di concreto, l’I CARE diventa vero nella nostra vita!!! 

                                                                                  

"DON LORENZO MILANI E LA SUA SCELTA DI DONARSI AGLI ALTRI"

 (di Lucrezia Oliveri)


Figura scomoda all'interno del mondo cattolico italiano, Don Lorenzo Milani è stato un

sacerdote che ha scelto di donarsi agli altri in modo viscerale.  Lorenzo, nato a Firenze il

27 Maggio 1923, faceva parte di una delle famiglie più ricche e dotte della città,

conosceva bene il valore della cultura ed aveva una passione: LA PITTURA. Il giovane

Milani era ben lontano dalla vocazione e dalla fede in Cristo ma poi, dopo un aspro

percorso di vita, nel 1943 decise di entrare in seminario anche senza l’approvazione della

famiglia. Il 13 Luglio 1947 venne ordinato sacerdote e nell’ottobre venne nominato

cappellano nella parrocchia di S. Donato a Calenzano, alle porte di Firenze. Si trovò a

lavorare, insieme al vecchio parroco Daniele Pugi, in una realtà rurale arretratissima: i suoi

parrocchiani erano braccianti, pastori ed operai per lo più analfabeti. Qui fondò una scuola

popolare per giovani operai e contadini, aprì le porte della chiesa anche ai comunisti, che

si recavano spontaneamente da lui per confrontarsi, istruirsi e formarsi spiritualmente e

culturalmente. Le conseguenze per queste sue azioni furono amare: fu cacciato e spedito in

un paesino difficilmente raggiungibile, Barbiana. Qui costruì una nuova scuola, in cui

insegnava a tutti i ragazzi del posto, ma per convincere i genitori a mandarvi i propri figli,

il parroco utilizzò ogni mezzo, persino lo sciopero della fame. Don Milani non voleva

perdere nessuno per strada, teneva molto ai suoi ragazzi al punto da chiamarli “i miei

figlioli”, era disposto a sacrificare tutto per loro. E, infatti, l’ultima sua frase fu: “HO

VOLUTO PIU’ BENE A VOI CHE A DIO, MA HO LA SPERANZA CHE LUI NON

STIA ATTENTO A QUESTE SOTTIGLIENZE E ABBIA SCRITTO TUTTO AL SUO

CONTO”.


"Don Lorenzo Milani…e la scuola che sogniamo"

 (di Ines profeta)

Don Lorenzo Milani, sacerdote, educatore, maestro di vita, è stato una figura di grande importanza   per la scuola italiana.  Egli ha riconosciuto il valore inestimabile dell’istruzione pubblica, come mezzo unico per la crescita umana.

Dopo 56 anni dalla sua scomparsa il suo insegnamento e l'esperienza della scuola di Barbiana sono ancora oggi di grande attualità.

In questi giorni abbiamo tanto parlato in classe di Don Milani e sono rimasta   affascinata dalla forza di questo grande uomo che ha fatto della sua vita una missione.

Mi sono chiesta qual è stato lo spirito che lo ha animato a fare tanto bene.  Poi riflettendo, ho capito che alla base di ogni sua azione vi è stata la fede, la scelta di Dio e, di conseguenza, dei poveri.  

 Nell’ottobre 1947 nominato cappellano nella parrocchia di S. Donato a Calenzano, alle porte di Firenze crea una scuola popolare serale per i giovani operai e contadini   Egli si trova ad operare, in una realtà arretratissima: i suoi parrocchiani sono braccianti, pastori ed operai, analfabeti.  Don Milani decide di partire dalla lettura dei giornali in classe, analizzando i temi dell’attualità. Egli è convinto che solo la cultura possa aiutare i più deboli a superare il disagio e l’emarginazione.

Dopo qualche anno il 6 dicembre 1954 don Lorenzo Milani viene nominato Priore di Barbiana, una piccolissima parrocchia sul monte Giovi, nel territorio del comune di Vicchio del Mugello. Anche qui, comincia a radunare tanti giovani.

Apre una scuola che inizia all'otto del mattino e termina la sera. Una scuola che non conosce vacanze e che rifiuta le metodologie tradizionali di insegnamento   nozionistico. Ogni giorno, per tantissime ore, si studia, si discute, si legge il giornale e si apre un dibattito sugli argomenti più importanti del giorno.  Egli ritiene che la conoscenza della lingua italiana possa garantire ricchezza e libertà e aprire prospettive di una vita migliore a tutti.   Il maestro Lorenzo Milani trasforma il giornale in materia scolastica e svolge un lavoro di equipe coinvolgendo ragazzi e adulti. Opera una grande rivoluzione: con amore e con i libri coinvolge i suoi allievi. .

 E i ragazzi   iniziano ad apprezzare il loro sacerdote. gli sono molto affezionati, lo seguono e lo amano. Qui nacquero importanti documenti (tra i quali Lettera a una professoressa) che ben esprimevano il suo pensiero.

Don Milani credeva nel progetto di una scuola aperta ed inclusiva capace di promuovere   la persona umana. Anche noi sogniamo una scuola cosi…  Una scuola più vicina a chi si trova on difficoltà e dove il tempo viene speso per studiare e riflettere, una scuola, certo, che richiede sacrifici, operosità, impegno, ma anche vitalità e gioia, una scuola che coinvolge, premia e non punisce,  che  gratifica e insegna a vivere.

 Voglio ricordare il motto alla base dei suoi insegnamenti: "I care - mi interessa, mi sta a cuore” ed è proprio questo lo slogan che ancora oggi contraddistingue l’operato di tanti insegnanti che lavorano con passione, ogni giorno, per educare le giovani generazioni

 Credo in una scuola che sia realmente   motore di crescita e spero che lo studio, la ricerca e l’innovazione ci aiutino ad affrontare nel migliore dei modi il nostro futuro.

 



               " AMARE NON SIGNIFICA DARE QUALCOSA ma dare noi stessi!!!" 

(di LuCREZIA OLIVERI)

“Amare non significa dare qualcosa, significa esserci, dare noi stessi”: questa era una delle frasi utilizzate da Don Milani.

Spesso pensiamo di sapere che cosa sia l'amore, ma la verità è che in pochi realmente ne conoscono il significato. Innanzitutto, è troppo facile dire a voce di amare qualcuno e magari non dimostrarlo coi fatti. La parola AMORE la troviamo nei libri, nelle canzoni, nelle poesie… ma cosa vuol dire essere innamorati, amare veramente qualcuno? L'amore, quello vero, non è un'emozione, bensì un sentimento che dura nel tempo, si costruisce giorno per giorno e non è istantaneo e passeggero come l'emozione. L'amore va nutrito e coltivato con il passare del tempo. Amare significa prendere e dare fiducia, tollerare i difetti dell’altro, ma significa anche condividere e provare emozioni belle e prendersi cura a vicenda.  E quando ci riferiamo al prossimo? Che cosa significa amare il prossimo? Spesso l’espressione “amore” viene interpretata in modo superficiale, pensando che l’amore per il prossimo corrisponda all’aiuto materiale, nel fare carità o dare l’elemosina. Chi ci sta accanto è uno come noi, è uno che ha bisogno anche di me. Se non amo me stessa non sarò capace di amare nessuno. Prima di amare gli altri, devo imparare a volermi bene.
Volersi bene non è egoismo, vuol dire invece accettarsi con i propri limiti, riconoscere che per poter dare veramente, occorre crescere dentro e star bene con sé stessi.

Secondo Don Milani l’amore può essere di due tipi: vero o falso. Il vero amore arriva sempre al momento giusto e non è una gara a chi dà più affetto o attenzione.  Il falso amore, invece, può diventare una “manipolazione”, succede quando l’altra persona non ama il prossimo a dismisura. L’amore non è fatto solo di gesti, come ad esempio si vede nei film o nelle serie TV, ma vive in tante piccole cose che occupano la vita di ognuno di noi, che ci rendono felici e che danno un senso alle nostre giornate. Io penso, come Don Milani, che l’amore non si manifesta con i regali o dando qualcosa, ma sono i piccoli gesti che fanno la differenza e bisogna sempre esserci per il prossimo.



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